Polistena da vedere

 

POLISTENA DA VEDERE

 

di Giovanni Russo

 

Polistena, cittadina situata al centro dell’istmo più breve tra le città magnogreche di Locri e di Medma, propone due interpretazioni etimologiche: “città forte” e “molto stretto”. Quest’ultima per via dell’originario sito dell’antica Polistena che era una piccola, stretta e lunga terra posta tra i torrenti Jerapotamo e Jerulli e molto vicina al Vacale.

Pur rimanendo incerte le sue origini, è presumibile che il territorio sia stato abitato fin dai tempi preistorici, come dimostrano alcuni oggetti del periodo neolitico rinvenuti nella zona. Possiamo ipotizzare che essa, senza meno, fu una stazione di passaggio per i Locresi che dovevano raggiungere Medma (Rosarno) colonia da loro fondata. I ritrovamenti archeologici, tra cui una cuspide di lancia protostorica e i numerosi corredi funerari da tombe, evidenziano una frequentazione del territorio e fanno ipotizzare la presenza di un qualche agglomerato urbano, prima e dopo l’epoca della colonizzazione magno-greca. Anche l’età romana, poi, è attestata dalle importanti testimonianze affiorate nella contrada Villa, contrada molto propinqua all’abitato.

Pur nella esiguità di superstiti documenti cartacei anteriori a qualche decennio dopo il mille, si ipotizza che Polistena sia stata presente in età bizantina allorquando, nelle sue circonferenze, vennero a stanziarsi monaci basiliani che, tra l’altro, introdussero i culti di S.Marina e della Madonna dell’Itria. Quest’ultimo è tipicamente legato alla persecuzione iconoclastica e l’iconografia della Madonna trasportata dai monaci basiliani si tramanda particolarmente in una icone di gusto bizantineggiante che si conserva nella Chiesa della SS. Trinità.

Le prime notizie storicamente certe risalgono, secondo un inventario greco, al 1194, ma poi, con più consistenza, all’età angioina. Nel 1266, infatti, il Segreto di Calabria posein subappalto la gabella della Bagliva di Polistena.

Fu feudo, tra il 1282-1283, di Aldobrandino da Firenze e dopo di Palamede de Riso, di Ricario Di Stella e Ingeranno Arcivescovo Capuano, di Arnaldo de Villanova, dei Caracciolo, di Marino Curriale, di Giacomo Milano, di Consalvo, Elvira e Ludovico Fernando di Cordova, di Tommaso de Marinis e poi, dal 1568, nuovamente dei Milano che la tennero fino al 1806, epoca dell’eversione della feudalità.

Sotto quest’ultima dominazione, divenne un centro ricco di conventi, chiese, del Palazzo Marchionale (con annesso teatro capace di ospitare oltre mille persone), della Cappella musicale di corte (in cui operarono musicisti di indiscusso valore quali furono Giacomo Francesco Milano e Michelangelo Jerace o esecutori provenienti da centri viciniori ma anche da Napoli e Messina), della Zecca (che emise, nel 1732 e nel 1753, delle proprie monete, coniate però a Vienna), di una Tipografia (si conserva copia di un volume stampato in essa nel 1712) ed altro.

 

Dei conventi sorti in epoca moderna vanno ricordati quelli : degli Osservanti (1537), dei Cappuccini (1540), dei Domenicani (1579), degli Agostiniani (1579) delle Monache di S. Chiara o delle Clarisse (già presente nel 1610), dei Carmelitani (di cui si sconosce l’epoca esatta di fondazione, ma che ebbe breve durata) e dei Paolotti (fiorito nei primissimi anni del ‘700).

Le chiese di cui si ha memoria furono: La Chiesa Madre dedicata a S. Marina e quelle: di S. Anna, della SS. Trinità, di S. Sebastiano, di S. Nicola, di S. Ciriaco, di S. Veneranda, di S. Giovanni, di S. Biagio, di Maria SS. Della Catena, di S. Rocco, del Carmine, di S. Giuseppe, di Gesù e Maria, di S. Maria della Concezione, di S. Maria delle Grazie, del SS.Rosario, di S. Ludovico, di S. Melanio, della SS. Annunziata, delle Anime del Purgatorio o dei Morti, di S. Maria degli Angeli, dello Spirito Santo, di S. Francesco di Paola, di S. Chiara, non considerando in questa sede i numerosi oratori privati. 

Distrutta dal terremoto del 1783 allorquando, oltre agli edifici sacri e civili rasi al suolo, perirono 2221 abitanti, la cittadina venne prontamente ricostruita su progetto dell’architetto napoletano Pompeo Schiantarelli. Venne realizzato un interessante impianto urbanistico che situò, sia nelle località Arco, Barlette e Mazza che nella parte alta, denominata Evoli, già proprietà del feudatario, ove comparirono importanti palazzotti con corte interna nei cui imponenti frontespizi spiccarono vistosi portali scalpellinati in pietra granitica locale alla cui chiave di volta figurò, quasi sempre, una maschera apotropaica. Il popolino, invece, si dovette adattare a ripopolare il preesistente sito, ricostruendo alla buona e sulle vecchie “muraglie”, le proprie case : veri e propri tuguri.

Furono ricostruiti solo tre degli antichi conventi: Osservanti, Paolotti e Clarisse (poi soppressi) e poche chiese di cui diremo qui di seguito :

 

CHIESA MADRE

Ricostruita nella parte alta, si presenta oggi nella sua imponente forma trinavata al cui interno si conserva la vigorosa PALA MARMOREA DELLA DEPOSIZIONE DI N.S.G.C., opera cinquecentesca di inestimabile valore artistico, proveniente dall’antica Chiesa Madre. La Pala, che secondo Francesco Jerace, è opera di Giovanni Merliani da Nola, mentre per altri, di scuola michelangiolesca, del Montorsoli,  di scuola siciliana, o, genericamente, di scultura napoletana, è un autentico capolavoro di cui la Calabria va orgogliosa, tanto da meritatare il suo inserimento nelle copertine degli elenchi telefonici SIP per l’anno 1994. All’interno della chiesa figurano particolarmente: l’altare in marmo del SS. Sacramento (1893) con il sovrastante quadro della “Cena”( 1904), opere del polistenese Francesco Jerace); La Resurrezione di Lazzaro, grandiosa tela che campeggia nella volta dell’artistico soffitto centrale  a cassettoni dorati, realizzata agli inizi del ‘900 da Carmelo Zimatore di Pizzo Calabro; il fonte battesimale con base marmorea, del messinese Giuseppe Bertoccelli, del 1782 e con intaglio ligneo templiforme; il coro ligneo del 1893 di Giuseppe Silipo e pregevoli statue lignee di S. Marina del 1835, del serrese Vincenzo Zaffiro e di S. Rocco, di scuola napoletana del Settecento, situate dentro stipi lignei di pregevole artigianato locale; le statue lignee di S.Chiara (attribuita sia a Francesco De Nardo che a Giovanni Antonio Colicci) e S.Veneranda, opera del napoletano Gennaro Franzese del 1735 e quelle di San Michele, San Nicola, San Biagio, San Felice ecc.; una seicentesca pala d’altare raffigurante l’Immacolata con S.Marina ed altri santi, quadro di ignoto pittore meridionale; pregevoli suppellettili e paramenti sacri; un archivio parrocchiale con registri che datano a partire dal 1586.

 

CHIESA DI S.ANNA

Si ipotizza essere stata questa una grotta eremitica basiliana ed è l’edificio più antico di Polistena, proprio perchè illeso durante il terremoto del 1783. E’ di piccolissime dimensioni. La sua intitolazione a S. Anna avvenne nel 1728, allorquando Giovanni Domenico Milano, la restaurò, la fece benedire e la restituì al culto. In essa furono tumulate le ceneri del morti di detto terremoto. Fu riaperta al culto nel 1810.

 

CHIESA DELLA SS. TRINITA’

Sorta sopra la preesistente chiesa di S.Anna, fu aggregata alla Basilica Lateranense di Roma nel 1541. E’ un edificio con facciata a due piani con due ordini di colonne granitiche, opera di Raffaele Rovere, con portale litico e cupola rivestita di piastrelle maiolicate policrome. Al suo interno: una icona di piccole dimensioni, di ignoto, ed una imponente statua lignea (di Vincenzo Scrivo) raffiguranti la Madonna dell’Itria (1797); un altare intarsiato con marmi policromi; un artistico pergamo in ferro battuto, opera dell’artiere polistenese Francesco  Tripodi (1885). Vi si conservano, inoltre: un prezioso medaglione trecentesco con miniatura, raffigurante la Crocifissione e una statua lignea di S. Francesco d’Assisi dello scultore Francesco Morani. La chiesa, in seguito all’incendio del 22 maggio 1988, durante il quale, tra le altre cose, andò bruciata la grande pala d’altare raffigurante la Madonna dell’Itria, opera del pittore messinese Natale Carta, fu restaurata, restituita al culto ed eretta a Santuario Diocesano con decreto vescovile n.526/ 97/E del 18 agosto 1997.

 

CHIESA DEL ROSARIO

E’ un monumentale edificio sorto a metà Ottocento, intorno ad una più piccola chiesa già denominata di S.Giuseppe,  ad opera dei Rovere, qualificate maestranze locali. Ha un ammirevole esterno con due ordini di colonne ed un interno trinavato con stucchi ed altorilievi neoclassici dei Morani. Conserva dipinti del napoletano Roberto Carignani e dei polistenesi Rosalìo Scerbo e Marino Tigani, oltre che pregevoli statue tra cui quella a mezzo busto di San Giuseppe, di fattura napoletana settecentesca ed i gruppi dei Misteri, del sac. Luigi Prenestino.

 

CHIESA DI S.FRANCESCO

Sorge a brevissima distanza da quella del SS.Rosario. E’ mononavata ed ha, nella facciata, un imponente portale litico e due statue in terracotta. Conserva: due pregevolissime statue lignee di S. Francesco di Paola, una settecentesca di autore napoletano ed altra ottocentesca attribuita al polistenese Francesco Morani; una lapide del 1730 con iscrizioni, già appartenuta al Convento dei Paolotti, donata alla Chiesa dal Duca Avv. Nicola Riario Sforza; un pulpito marmoreo con sculture, di Michelangelo Parlato; stucchi di Salvatore Angilletta. Nello spazio antistante la Chiesa, vi fa bella mostra un’insegna litica con croce in ferro battuto, del 1739, ivi trasferita nel 1836 dai Paolotti che, originariamente, furono in Contrada S.Francesco, nei pressi della contrada Belà.

 

CHIESA DELL’IMMACOLATA CONCEZIONE

Già dei Minori Osservanti, ha un esterno sobrio con strutture classicheggianti ed una imponente cupola. Ha un interno mononavato con originale tetto ligneo. Conserva: un monumentale altare con marmi policromi, del 1771, dei napoletani Varvella e Fluoreano, su cui fanno bella mostra le statue marmoree a figura intera ed a tutto tondo di Santa Lucia, del 1596, di Pietro Bernini, di S.Caterina e dell’Immacolata Concezione (di anonimi scultori meridionali. Tra le tante statue che ivi si conservano, spicca, particolarmente, quella lignea dell’Immacolata, del 1833, del serrese Vincenzo Zaffiro.

 

CHIESA DI S.MARIA DEGLI ANGELI

Situata dentro il Palazzo Riario Sforza, già Palazzo Milano, nella cui corte interna si ammirano: la seicentesca statua marmorea, a tutto tondo ed a figura intera, di Giacomo Milano, del 1672, dello scultore napoletano Giuseppe Gallo, ed una lapide già del convento dei Cappuccini, la chiesetta è dotata di un altare con marmi policromi ed intarsi con soprastante rilievo marmoreo di S. Maria di Loreto, del 1730; di lapidi con iscrizioni; di una testa marmorea in bassorilievo e di un sarcofago marmoreo di Giovanni Domenico Milano, autentico gioiello d’arte settecentesco con una iscrizione che si tramanda dettata dal filosofo Giovan Battista Vico, amico e stimatore della Famiglia Milano.

 

CHIESA DELLA SS. ANNUNZIATA

Originariamente fondata nel 1729 dall’Arciprete D. Giuseppe Rovere dentro la vecchia Polistena, fu ricostruita, nell’attuale sito e immediatamente dopo il terremoto del 1783, da D. Nicola Jerace. E’ di piccole dimensioni e conserva: una statua lignea della Madonna dell’omonimo titolo, opera dei Morani; una lapide con iscrizione originaria cui fa da cornice un riquadro con nuova iscrizione aggiuntavi dallo stesso Jerace. Ha una semplice ma interessante facciata con una campana originaria.

 

CHIESA DI MARIA SS. DELLA CATENA

Fondata nel 1894 ed eretta nel 1895 da Giuseppe Nicastro, con l’intento di rievocare la memoria di una più antica chiesetta dello stesso titolo che era sita oltre il fiume Vacale, è ancora oggi meta di numerosi pellegrini, specie durante il periodo della festa.

 

CHIESA DEL PALAZZO VALENSISE

Fu ricostruita, nella seconda metà dell’ottocento, da Mons. Domenico Valensise, sopra i superstiti cinquecenteschi muri del Convento dei Domenicani, a memoria della più antica Chiesa del SS. Rosario.

 

Oltre le Chiese, Polistena offre l’opportunità di far visitare:

 

IL MONUMENTO AI CADUTI

       E’ opera di Francesco Jerace ed è posto al centro della suggestiva Piazza del Popolo. La Bellona, una vittoria alata bronzea, svetta sopra una roccia di pietra alla cui base, sono incisi i nomi dei caduti nella prima guerra mondiale. Il monumento viene delimitato da una grande vasca in pietra granitica, opera di scalpellini locali. Alla memoria di detti caduti, nella Scuola Elementare di via Trieste, figura altro altorilievo, opera dello scultore Marino Tigani.

 

LA CASA NATALE DEI JERACE

     Posta nella via Domenicani, al suo esterno rende visibile una lapide marmorea dedicata alla memoria del grande artista polistenese Francesco Jerace (cui il Comune, con il contributo della Banca Popolare, ha eretto un monumento con il busto bronzeo che lo raffigura, opera di Fortunato Longo, nipote di Jerace). In detta casa nacquero anche: Vincenzo Luisa (scultore di riconosciuta fama internazionale cui il Prof. Raffaele De Grada ha dedicato una sostanziosa monografia), Michelangelo (docente e studioso dell’educazione fisica), e Gaetano (pittore).

 

 

LA CASA DI FRANCESCO MORANI

Posta anche nella via Domenicani, mostra sulla facciata esterna un medaglione marmoreo raffigurante Francesco Morani, opera di Francesco Jerace. La casa fu acquistata da Francesco Morani nel 1856, mentre quella originaria del capostipite Fortunato e di tutti gli altri fratelli era nel Quartiere del Capitano Borgese, dove Edward Lear, viaggiatore inglese, nel 1847, fu ben lieto di fare la conoscenza delle sorelle di Vincenzo, nel corso di una sua visita a Polistena. è il simbolo di una famiglia, quella dei Morani, che espresse veri e propri geni statuari, stuccatori, scultori e pittori fra i quali giganteggiano, particolarmente, le figure di Domenico e Francesco, scultori,  e di Vincenzo, pittore.

 

IL MONUMENTO A MARINO TIGANI

     E’ opera di Domenico Mastroianni e fu dedicato alla memoria di Marino Tigani, artista polistenese morto quando era ancora giovane.

 

IL MONUMENTO A FRANCESCO JERACE

Inaugurato nel 1997, è opera bronzea dello scultore Fortunato Longo, ed è posto nella piazzetta da dove inizia la via Francesco Jerace.

 

IL PALAZZO AVATI

     Imponente edificio posto di fronte al Palazzo Milano-Riario Sforza, nella Piazza del Popolo, già sede della Banca Popolare di Polistena, poi della Banca Antonveneta ed oggi Monte dei Paschi di Siena. Nella facciata, fa bella mostra di sè un portale nella cui chiave di volta vi è una artistica maschera apotropaica. Al suo interno si conservano opere in gesso dello scultore polistenese Giuseppe Renda, tra cui la “Fortuna”.

 

VARI PALAZZI NOBILIARI SETTECENTESCHI  con corte interna e con portali litici su cui quasi sempre spicca , nella chiave di arco, una maschera apotropaica.

 

LA BIBLIOTECA COMUNALE

     Dotata di circa 70.000 tra volumi ed opuscoli, specializzata nel settore Calabria ma vanta anche una discreta consistenza di indirizzo generale e nei settori mafia, folklore, emigrazione, scienze. Ha una ricca emeroteca. In essa confluirono piccoli e medi fondi librari di famiglie private. Conserva l’Archivio privato della Famiglia Milano (feudatari) ricco di 50 pergamene databili fin dal 1430, registri e documenti cartacei dei secoli XVII-XVIII. Il fondo è dichiarato di notevole interesse storico. Possiede, per donazione, altri piccoli fondi archivistici delle famiglie Avati, anche di notevole interesse storico, e Rodinò di Miglione. La Biblioteca fu sempre un centro propulsore di varie iniziative culturali.

 

IL MUSEO CIVICO

     Istituzione collegata alla Biblioteca, conserva al suo interno: reperti fossili e archeologici; documenti d’arte; antichità locali; una sezione etnografica. In esso si possono ammirare:

-diverse vetrine con esposizione di materiale archeologico di Polistena e del territorio limitrofo: Cinquefrondi, Melicucco, S.Giorgio Morgeto, Taurianova ecc.;

-materiale fossile di Polistena ma anche di Varapodio, Seminara, San Martino, San Giorgio, Tritanti, Maropati, Rosarno, Mammola, Laureana di borrello, Lubrichi ecc.;

-reperti storici della vecchia Polistena (stampe antiche, reperti storici e lapicidi tra cui la lapide cinquecentesca della Peschiera, dedicata da Giovanni Ramirez Salazar a Consalvo Ferdinando Ludovico di Cordova, nipote del Gran Capitano, in occasione di una delle sue venute a Polistena di cui era feudatario;

-Bozzetti e statue prodotti da artisti polistenesi: Francesco Jerace, Vincenzo Luisa Jerace, Giuseppe Renda, Antonio Cannata, Gaetano Jerace, Morani, Michelangelo Parlato, Rosalìo Scerbo, Marino Tigani, Alfredo Tigani, e non: Fortunato Longo, Vincenzo Parlà, ecc.

- Il pianoforte di Riolo. Singolare pezzo di indiscusso valore è il pianoforte a coda, esemplare n.10, costruito nel 1867 da Angelo Riolo, ebanista polistenese, unico costruttore di pianoforti che la Calabria può vantare. Altro esemplare, il n.5 del 1862, è oggi di proprietà del Monte dei Paschi di Siena;

- Circa duemila oggetti relativi alla cultura materiale: attrezzi di lavoro dei contadini e degli artigiani ed oggetti di uso domestico appartenuti ad una civiltà ormai soppiantata dall’industria. E’una raccolta di elevato valore etnoantropologico che da il senso del recupero della cultura del passato, purtroppo, mai valorizzata dalle varie Amministrazioni locali o, vergognosamente, smembrata e dissipata.

 

LE CONDOTTE DI ACQUA DEI VECCHI MULINI

     Sono le antiche condotte murarie per la canalizzazione dell’acqua che faceva azionare gli antichi mulini del Prajo, della Polverera, di Celano e della Chiesa, oltre degli acquari di S.Giovanni, La Villa, Lo Giacco, Rota e Cerasara. Parte di tali condotte, rovinate da allegre e arbitrarie manomissioni cementizie, si possono ancora visitare nella Contrada Giuseppina.

 

IL VERDE PUBBLICO

     Veri e propri polmoni di verde sono da considerare le ville ed i giardini di Polistena ideati da don Peppino Prenestino e realizzati dal podestà Edoardo Sigillò. Particolarmente caratteristico è il Laghetto delle Papere ove verde, fantasia e antichità si mescolano in un’armoniosa concezione d’arte. In esso, figura il Monumento alla Madonna (una grande colonna di travertino al cui vertice vi è la statua bronzea, opera del polistenese Giuseppe Niglia, autore anche di altri due monumenti posti nell’atrio dell’Ospedale di Polistena).

Polistena vanta un’attività fieristica antica. Notizie sulle sue fiere si hanno a partire dal 1498, allorquando un tal Matteo de Jeracio restò affittatore delle fiere di Polistena. Quelle più note furono quelle di S. Venera o della Candelora, di Tutti i Santi e dell’Immacolata cui, nel corso degli anni si aggiunsero quelle dell’Itria, della Catena, di S. Antonio. Oggi restano solo quelle di Tutti i Santi, dell’Imacolata, della Catena e dell’Itria.

A Polistena, ab antiquo, ogni mercoledì si svolge un grande mercato settimanale cui, da un po di anni, si è aggiunto quello del sabato.

 

Giovanni Russo

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