Presentazione del libro "Il Riscatto; Girolamo Tripodi bracciante e sindacalista parlamentare e sindaco" di Marcello Villari", tenuta a Polistena.
Presentazione del libro "Il Riscatto; Girolamo Tripodi bracciante e sindacalista parlamentare e sindaco" di Marcello Villari", tenuta a Polistena.
di Giovanni Russo
Prima di aprire questa serata in cui autorevoli studiosi si cimenteranno a presentare il libro “Il Riscatto: Girolamo Tripodi bracciante e sindacalista, parlamentare e sindaco” (Rubbettino 2007), mi sia consentito prima di tutto ringraziare coloro o quali hanno creduto opportuna la mia presenza ed anche quanti avranno la pazienza di ascoltare alcune riflessioni o meglio sollecitazioni problematiche su alcuni temi che lo straordinario ed insolito libro ci pone.
Sebbene la storiografia del movimento operaio calabrese del dopoguerra si sia arricchita di molti validi contributi quali:
Sidney Tarrow : Partito Comunista e contadini nel Mezzogiorno (1967); Eugenio Musolino: Quarant’anni di lotte in Calabria (1977); Paolo Cinanni: Lotte per la terra e comunisti in Calabria : 1943-1953 (1977) e Lotte per la terra nel Mezzogiorno (1943-1953): Terre pubbliche e trasformazione agraria (1979); Piero Bevilacqua: Le campagne del dopoguerra tra fascismo e dopoguerra: il caso della Calabria (1980); Enzo Ciconte: All’assalto delle terre del latifondo: Comunisti e movimento contadino in Calabria: 1943-1949 (1981); Quirino Ledda e Filippo Veltri: I braccianti in Calabria : 140 immagini di vita e di lotta: 1970-1980
Giuseppe Errigo: Lotte popolari in Calabria nel dopoguerra (1984) e “Dalle tensioni sociali alla fuga del proletariato in Calabria (1986); Francesco Modafferi : Moviementi di protesta e lotte contadine dal fascismo al secondo dopoguerra: Gioiosa Jonica (1986); Carmelo Giuseppe Nucera: Reggio Calabria: sindacato e movimenti politici dal 1943 al 1950 (s.d.); Rocco Lentini: La C.G.I.L. in Calabria: Sindacato e marginalità: 1943-1990 (2005),
mancava un contributo che inquadrasse le vicende di qualche esponente dirigenziale come soggetto rappresentativo di movimenti collettivi. Delle semplici raccolte di biografie, grandi o minute che siano, il più delle volte, non bastano a fare un libro di storia. Ci sono, però, delle biografie che sono essenziali per conoscere e per intendere la storia, anzi ce ne sono alcune che, da sole, già sono la storia nel senso più pieno. In esse vi si trovano i fatti nel loro svolgersi, ci sono uomini e donne che li vivono; c’è la consapevolezza del loro significato mentre sono vissuti e, successivamente, la riflessione critica quando vengono ripensati come materiale per ricostruire un caso.
Per comprenderne meglio il significato e gli impulsi profondi dell’esperienza vissuta dalle più circostanziate realtà locali, ecco il volume che Marcello Villari ha dedicato con intelligenza e sensibilità a Girolamo Tripodi, contadino-protagonista delle lotte tra lo strapotere
della possidenza nobiliare e borghese ed i contadini, nonché interprete coraggioso della volontà di riscatto, deciso a operare per la rottura di vecchi equilibri di potere che opprimevano la società meridionale.
Il criterio che ha guidato Villari è quello di una ricostruzione, la più accurata possibile, dell’arco storico del protagonista, sottolineando il rapporto dello stesso con il riscatto delle classi subalterne mediante il suo inserimento, fin dall’età giovanile, nell’agone politico, per dare una diretta rappresentazione delle grandi lotte condotte e sostenute per il lavoro, la democrazia e lo sviluppo.
Marcello Villari, giornalista economico, originario di Reggio Calabria, è redattore capo al TG5 Mediaset. A lungo è stato inviato da Mosca dell’Unità negli anni di Gorbaciov; e non per caso ha intessuto un ottimo rapporto con Giulietto Chiesa, col quale ha anche firmato uno dei suoi libri “Superclan: chi comanda l’economia mondiale” (Feltrinelli, 2003). Villari è autore, inoltre, assieme a Napoleone Colajanni, del libro: “Riformisti senza riforme” (Marsilio, 2004). Altre sue precedenti pubblicazioni sono: La Cassa per il Mezzogiorno e il problema dell’autonomia regionale (1981); Questioni del Mezzogiorno (scritto nel 1988 con Lina Tamburrino).
Nella biografia “Il riscatto” (Rubbetino, 2007), che costituisce un documento di eccezionale valore nel ricco panorama della memorialistica dei militanti del movimento operaio, si evidenzia l’incoercibile, alto sentimento di solidarietà umana, di dedizione e di giustizia verso i contadini, gli operai, il popolo semplice ed oppresso delle raccoglitrici d’olive e delle gelsominaie.
Nella biografia si legge, in controluce, il dramma oscuro di questo mondo; si percepisce la sorda ribellione di uomini che non si rassegnano e non si piegano ma che, al contrario, sono avide di riscatto.
Nella figura esemplare del protagonista traluce quel patrimonio incontaminato di dignità umana, di tensione morale e di idealismo, da cui scaturiscono l’ansia di giustizia, l’impegno tenace per la democrazia e per l’elevazione sociale e civile delle classi lavoratrici.
Predomina nel libro il tema del rapporto con le masse popolari, rapporto fortemente sentito tanto che queste finiscono col divenire le vere protagoniste delle memorie.
Le temporalità proposte dal Villari rappresentano una selezione ragionata di spunti legati da un filo conduttore storicamente caratterizzato, fatto di lotte sociali, di contrasti talvolta amari, di
meditazioni e di pensieri esposti all’attenzione critica. Il libro è troppo ricco di fatti per poterne riferire nel particolare. Solo la lettura del volume potrà consentire una visione complessiva da cui scaturirà, senza meno, un aspetto emotivo provocato dai corsivi del racconto, adeguatamente intercalati, vere pagine immortali di storia della libertà.
Le testimonianze-intervista raccolte nel libro meritavano di essere conosciute sia perché esprimono un approccio ai problemi della Calabria, in piena sintonia con una prospettiva di sviluppo del territorio e delle risorse materiali ed umane che essa possiede, sia perché in esse vengono fotografate o memorizzate lucidamente varie stagioni della lotta politica italiana per la trasformazione dell’economia e della società regionale.
Mommo Tripodi, militante esemplare, si accostò subito alla bandiera del P.C.I. per organizzare la lotta per i bisogni immediati. Dal libro risalta l’atteggiamento costante del protagonista, combattente impavido, coraggioso, nel senso che egli ebbe, fin da giovane, la ben ferma consapevolezza di quanto fosse decisiva la lotta delle masse per risolvere i problemi e, di come questo ricorso alla partecipazione diretta dei lavoratori e del popolo fosse uno dei caratteri inconfondibili ed irrinunciabili del partito o del movimento sindacale. Si comprende
allora perché, nel momento in cui il conflitto sociale esplode nelle campagne, i contadini diventano protagonisti di rivendicazioni sociali elementari e giuste, diventi abbastanza inevitabile che molti giovani finiscono col guardare a quei movimenti di popolo con una sensibilità politica nuova e radicale. Tripodi è un esponente di questa generazione che ha svolto un ruolo di assoluto rilievo nell’opera di emancipazione politica dei ceti popolari, di stimolo alla trasformazione materiale a uno sviluppo socialmente più giusto ed umano delle regioni meridionali. Il valore del suo profilo politico è storico-collettivo e non soltanto personale. Queste le ragioni di una vita, di un’esperienza sindacale e politica.
Girolamo Tripodi va considerato, quindi, uno dei rappresentanti di un ceto politico che ha segnato una pagina importante della storia della Calabria. La sua personale esperienza, insieme a quella di tanti suoi compagni e coetanei, rappresenta un pezzo originale di storia politica che meriterebbe di essere fatta oggetto di ulteriore studio dopo quello già importante che questa sera si presenta. Sicuramente oggetto di studio sarà ancora negli anni a venire, per lo storico impegnato a ricostruire la vicenda dei partiti di massa e la formazione e il ruolo del ceto politico nell’Italia repubblicana. Ma lo storico che vorrà ulteriormente approfondire questa problematica, avrà l’obbligo di
documentarsi e confrontarsi con le pagine di questo libro, ricche di lotte politiche concrete. In tutte le sue analisi, Tripodi e per lui Villari, non dimentica mai i ceti sociali, le popolazioni, i soggetti che furono i protagonisti delle trasformazioni che, poi, furono le figure chiamate alla lotta, alla pressione rivendicativa, alla partecipazione democratica e civile.
Dobbiamo essere grati a Marcello Villari per averci regalato pagine che, al di là della semplice biografia, gettano un fascio di luce su un periodo di storia della Calabria e, in particolare, della provincia reggina; sui sacrifici e sulla lunga tenacia della parte migliore e più nobile della sua popolazione.
Il libro, i cui documenti ed i precisi riferimenti si susseguono in un rendiconto avvincente come un romanzo, è il racconto dell’aspro cammino che ha portato le masse popolari reggine a collegarsi con la grande corrente nazionale. “Non è più possibile scrivere la storia d’ Italia - secondo Pietro Borzomati - mettendo in ombra aspetti che sono legati alla vita delle società anche sottosviluppate, non si può evitare di far luce sul ruolo che ebbero i protagonisti di piccole comunità…senza tener conto del ruolo che ebbero le popolazioni della Calabria nella storia generale del paese”.
Le memorie raccolte nel libro, dalla narrazione semplice e puntuale, avranno, senza meno, il compito di trasmettere alle nuove e future generazioni un messaggio di limpida e serena onestà, di profondo impegno sociale e civile. Libro utile, quindi, perché si conoscano non solo la formazione, l’elaborazione, la direzione politica che ha guidato e il sindacato e il partito, ma anche soprattutto le lotte che il movimento popolare ha condotto nella provincia di Reggio, nella Piana ed a Polistena. La lettura del libro, che suscita curiosità e riflessioni su eventi, personaggi, problemi, contribuirà, senza meno, alla memoria storica, non senza lanciare l’allarme su pericolosi scivolamenti verso una modernità trasformistica che minaccia proprio il domani.
Prima di procedere nella ricostruzione dei fatti riguardanti l’attività in quegli anni, Villari si è intrattenuto ad esaminare le condizioni generali di bisogno in cui versavano le nostre popolazioni nel dopoguerra. La Calabria, finita la guerra, continuò a sopportare il grave fardello della disgregazione, della miseria, dell’analfabetismo, della disoccupazione, dello sfruttamento, della secolare emigrazione, dell’abbandono, delle alluvioni, della mafia. I governi, spesso espressione delle classi conservatrici e moderate, non vollero mai affrontare con decisione i gravissimi problemi che la Calabria ed il
Mezzogiorno si trascinavano da secoli. Di fronte ai movimenti di protesta dei contadini e lavoratori disoccupati e senza terra, i governi si videro costretti ad intervenire emanando leggi e decreti che spesso non vennero interamente applicati. Vanno ricordati, particolarmente, i decreti “Gullo”, l’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno, la legge “stralcio” e quella “speciale”. Tutto ciò non fu sufficiente anche per l’inefficienza delle istituzioni a vari livelli (sindacali, partitiche, culturali, cattoliche) oltre che per il costituirsi del sistema mafioso che condizionò, come ancora condiziona, lo sviluppo economico, sociale e morale della regione.
Secondo il già citato Sidney Tarrow, le lotte per la terra dei contadini meridionali rappresentano, comunque, “gli avvenimenti più rivoluzionari nella storia italiana del dopoguerra”.
L’arretrato sviluppo dell’agricoltura non derivò soltanto dalle caratteristiche agronomiche, produttive e pedologiche (scarsa ed irregolare piovosità), ma, prima di tutto, dal regime fondiario impoverito da un forte prelievo di rendita parassitaria che limitò gli stessi investimenti produttivi.
Questo monopolio ha lasciato senza lavoro e mezzi d’esistenza grandi masse di lavoratori che, per sfuggire a queste condizioni precarie e avvilenti, sono state costrette a lasciare il proprio paese.
Privata delle migliori forze produttive, la vecchia economia ha continuato a regnare e, con l’emigrazione, ha perso la stessa capacità di rinnovarsi, cadendo in parte nell’abbandono ed in parte sotto il controllo delle speculazioni mafiose.
Contro tutto questo si sono battuti i contadini nelle loro lotte per la conquista e la trasformazione della terra. Quanto si è ottenuto, in gran parte, è stato vanificato dal sabotaggio messo in atto dalle forze dominanti che, solo per allentare la pressione delle masse, avevano acceduto all’emanazione delle prime leggi “stralcio” di riforma agraria.
Giovanni Russo - Polistena
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