NOTE STORICHE SUL TORRENTE “VACALE”* di GIOVANNI RUSSO
NOTE STORICHE SUL TORRENTE “VACALE”*
di GIOVANNI RUSSO
I corsi d’acqua hanno sempre interessato le popolazioni e sono stati sempre utilizzati per la circolazione di uomini e di merci. Gli idronomi, cioè i nomi di tali corsi d’acqua che nel gergo dialettale polistenese sono i “χimmari” [1], risalgono ad epoca antica. Diversi idronomi, infatti, possono essere ascritti a strati linguistici antichissimi [2].
Nei pressi di Polistena, toponimo di chiara origine greca [3], scorrono i torrenti Jerapotamo[4], Jerulli[5] ed il Vacale. Jerapotamo che si vuole per “fiume sacro” e Jerulli per “piccolo santuario” forse per la presenza di qualche antico santuario nei suoi pressi, riflettono la sacralità ed il carattere di divinità protettrice per le popolazioni indigene che, proprio a questi “χimmari” o fiumare, dovevano la vita ed i cui stanziamenti sono attestati da vari ritrovamenti archeologici[6] giustificabili per la posizione istmica tra Locri e Medma, antiche città della Magna Grecia.
Circa l’etimologia dell’idronomo “Vacale” concorrono differenti pareri di linguisti e di studiosi locali.
Per Rohlfs[7] Vacale, che nell’accezione dialettale è anche “Bbacàli” o “Bbocàli”, va inquadrato nei nomi moderni di ignota tradizione antica ove possono essere raggruppati nomi che in base a certi aspetti fonetici e morfologici, possono essere attribuiti all’antico sostrato preromano e che, quindi, varrebbe “βαυχαιοϕ”, cioè “specie di orcio”.
Sempre per Rohlfs[8] Vacale è anche l’antico idronomo del fiume Waal, braccio del fiume Reno in Olanda, oltre che toponimo di contrada nella montagna di S. Luca (RC)[9].
Sembra scartare il Rohlfs le interpretazioni dell’Alessio[10] che lo vorrebbe “Vatrale” e che si spiegherebbe “Veterale” idronomo di cui non rimane traccia nella zona.
Questo carattere latino, secondo il Rohlfs, si sarebbe potuto verificare nell’idronomia della Calabria Settentrionale, ricca di elementi latini, e non nella parte meridionale, cioè nella Calabria Ulteriore di tipo grecanico[11].
Emilio Barillaro[12] propone, invece, il greco “baklon-baklolon” ma anche il loatino “baculum”, “ferace di bastoni”.
A sostenere, inoltre, l’elemento greco, ma con una ulteriore etimologia, concorre il Marzano per il quale Vacale è “βουχαλι”, “piccola foce”. Chissà che quest’ultima non possa forse rispecchiare la tipica forma del bacino di raccolta delle acque sorgentifere ed affluenti. All’origine il Vacale, infatti, è collettore di due brevissimi ruscelletti che gli convergono con la tipica forma di impluvio a ventaglio.
Ma se con l’etimologia, in questo caso, non si riesce a venire esattamente a capo, un altro elemento concorre ad inquadrare la natura ed il carattere molto antico del nostro torrente: la geologia. Il Vacale, al pari di molti altri corsi d’acqua calabresi, è a carattere torrentizio con variazioni molto brusche di portata che, in brevissimo tempo, sale da valori nulli o minimi a valori notevoli.
Tutto ciò è dovuto alla natura geologica dei terreni quasi sempre di formazione impermeabile ed alle brusche variazioni climatiche. Tutta la pianura ove passa il Vacale viene inquadrata nel “Quaternario”[13] fluviale che è costituito da enormi trasporti solidi dei corsi d’acqua che riversano sulle pianure costiere la gran parte del materiale di cui si sono arricchiti nel loro corso intermedio.
“Dove la pianura è spezzata dalle antichissime valli del Vacale – così il Carbone Grio[14] - e del Jerapotamo, la scena cambia di aspetto. La sponda sinistra del Vacale di formazione quaternaria, e subordinata a potenti brecce di vecchia alluvione è oggi abbandonata: talchè la primitiva linea d’impluvio di quel torrente è ora una plaga depressa, fertilizzata dalle colmate, coltivata ad agrumeti, e ricca di mulini e di tappeti in direzione di Polistena (particolare riferimento a tutta la sponda sinistra del Vacale che il Carbone Grio identifica con la contrada dei χodi e che vuole derivata dal greco χωрοι “i campi”).
“Lo spostamento della vallata ed il ripiegamento del Vacale più a destra verso Polistena data da lungo tempo ed è effetto del bradisisma della Piana. Sulla destra del torrente vi è un altro tratto di pianura alquanto inclinata al N.O. fino al Jerapotamo che passava attraverso Polistena: anch’essa, la pianura, interrotta da un ruscello (Jerulli). Anche qui il terremoto ha lasciato le tracce più eloquenti della sua natura e del carattere dei suoi movimenti”.
Dello stesso parere è il Lacquaniti[15] per il quale “il versante tirrenico presenta, adiacenti alle pendici del rilievo, potenti accumuli quaternari in forma di depositi sovrastanti ad un substrato pliocenico, che sono stati riescavati dai torrenti al loro uscire dalle forre delle pendici stesse. Tra questi depositi quaternari v’è la conoide di deiezione di Cittanova formata dai torrenti Razzà e Vacale”.
Le valli del Vacale, sia sul lato sinistro che sul destro, presentano, al pari di quelle dello Jerapotamo e di Jerulli, depositi fossiliferi e conchigliferi: pettini, terebratule, scodelle, coralli, potamides, scafopodi, lamelli, branchi, dentali ed altro[16].
“Ampliano – secondo De Cristo[17] - le conoscenze sulla topografia dell’arcipelago pliocenico che precedette le formazioni e configurazioni attuali della Calabria e che va modificata alquanto e quindi le acque del mare dell’epoca terziaria non si arrestavano a lambire la potente formazione cristallina che fa corona alla Piana, ma si internavano tra le strette valli e spaccature delle rocce stesse e depositavano quei materiali che oggi, venendo alla luce, aggiungono un capitolo importante alla geologia della nostra provincia”.
La valle del Vacale registra, inoltre, la presenza di abbondante combustibile fossile del tipo “lignite”. Di tale minerale di cui il Valensise[18], il Cangemi[19], il Carbone Grio[20] ed altri avevano già indicata la presenza nel comprensorio di Polistena, Cinquefrondi, S. Fili, Anoia, S. Giorgio, oltre che in tutta la parte alta della Piana, offre un breve studio il De Cristo[21].
Tra le fonti documentarie che attestano, inequivocabilmente, la presenza del torrente Vacale nel Medioevo, troviamo una pergamena greca dell’Agosto del 1269 pubblicata, con traduzione latina a fronte, dal Trinchera[22]. Essa è relativa alla cessione di alcuni poderi al monastero di S. Maria di Campoforano[23]. Flandina, vedova di Giovanni Gobitzo, concede al presbitero Clemente, monaco preposto alla guida del monastero di S. Maria di Campoforano, alcuni beni a lei pervenuti dopo le nozze, affinché vi edificasse un molino ad acqua ad uso del monastero. I terreni concessi, che sono per Flandina di poca utilità perché incolti, sono così circoscritti: “…ab oriente est lumen Vacale (nell’originale greco: οχοψαυοσ βαχαλν) ab occidente praedia censuaria Guglielmi Aruballi et Peregrini filii presbiteri Joannis et Jacoi Tzangari; a meridie via regia quae intrat et exit ex pago Placidi ad Polistena…”.
I beni concessi da Flandina, situati quindi proprio vicino al Vacale, si prestavano perfettamente all’operazione voluta dalla stessa. La ricchezza di acque, infatti, diede la possibilità di azionare i numerosi mulini o le macchine olearie posti a breve distanza dai margini del fiume e che fino a pochi anni fa funzionavano regolarmente ma che, poi, le nuove tecnologie industriali soppiantarono quasi definitivamente.
Ancora osservando la carta dell’I.G.M.[24] , nel territorio bagnato dal Vacale, rimangono le denominazioni delle varie macchine olearie di: Bombino, Fonti, Correale, Riceputo, Cavatore, Sofrè, Oliva, Amendolea, Lidonnici, Belnava, oltre ai mulini della Principessa di Gerace ecc.
Ulteriori attestazioni sull’antichità dell’idronomo si riscontrano nelle opere degli scrittori di storia calabrese.
Il Barrio[25], infatti, scrivendo alla fine del XVI sec., a proposito di Polistena, tra l’altro, così riferisce: “Vi scorre il fiume Cherapotamo, copioso di trote e anguille, e nei pressi scorre un altro fiume, il “Bracali”. Dista dal mare ottomila passi; è ricca delle scaturigini di buone acque”.
Il Fiore[26] e l’Amato[27], sulla scia del Barrio, continuano ad indicare l’idronomo col termine “Bracale”, evidente storpiatura di Vacale.
Ben diverso è per il polistenese Marafioti[28] che registra correttamente il termine Vacale non solo quando scrive di Polistena, ma anche quando tratta di S. Fili, antico villaggio posto tra Melicucco e Rosarno: “…Caminando da Rosarno per l’istessa pianura nel dritto delle montagne della città di Locri, sopra un colle si vede un casale chiamato S. Fili, edificato in luogo piano, tra doi fiumi, Jerapotamo e Vacale, del quale si fa mentione nell’itinerario di Antonino Pio”. Se la menzione nell’Itinerario di Antonino Pio (Imperatore romano dal 138 al 161) fosse veritiera, potrebbe considerarsi la più antica attestazione del “Vacale” nelle fonti storiche.
Circa le ulteriori utilizzazioni delle acque del nostro idronomo, vanno ricordate le vasche per la lavorazione del lino, poste sulla sponda sinistra del Vacale, nei pressi di Polistena. E’ il Tabulario Sabatino[29] che, nella descrizione di Polistena, così annota nel 1669: “et anco verso il fine di detta Terra vi passa un altro fiume detto Vacale, ove si va a maturare il lino…”.
Il fiume Vacale fu anticamente designato quale linea di confine tra il territorio della Baronia di S. Giorgio e quella di Terranova, per cui, ancora oggi, oltrepassando il ponte del Vacale sulla provinciale che da Polistena mena a Taurianova, il territorio è subito di Cittanova, seicentesca creazione dei Grimaldi di Terranova[30] .
A nulla servirono le lunghe cause intentate contro il Principe di Gerace e Terranova dai Milano, feudatari di S. Giorgio e Polistena per rivendicare il territorio che, secondo loro, apparteneva ab antiquo alla Baronia di S. Giorgio e che si estendeva per tre miglia oltre il fiume Vacale.
Proprio il Principe di Gerace così rispondeva a proposito delle “Gurne di Vacale”: “…Che nel relevio presentato per morte di Baldassarro Milano, tra l’entrate della baronia di S. Giorgio, si notano le gurne di Vacale. Tralasciando che detto relevio non ostarrebbe, come presentato – post litem moram -, in ogni modo si dice che le dette Gorne non sono altro, che alcuni fossi, seu ridotti d’acqua fatti da quella parte di S. Giorgio per infusione de lini, non potendosi impedire che detto Marchese si serva dell’acqua del detto fiume nel suo proprio territorio, come se n’ha servito, e se ne serve il Principe, e suoi vassalli dell’acqua di detto fiume verso Terranova, però quando li suoi Antenati hanno voluto formarci molino nell’acque di detto fiume & attaccarlo nel territorio controverso, non solo sono stati impediti, come appare dalle provisioni del S.C. del 1547, fol. 91, vol. invest. ma l’opera cominciata fu subito diroccata da quelli di Terranova come dice il Tavolario nella sua relazione n. 7…”[31]
La macerazione del lino comportava “maleodori” e cattiva igiene e, per tale ragione, veniva relegata in ambienti non urbani e, quindi, sulle sponde dei fiumi poco distanti dal paese. Il Sarconi[32], nel 1784, definiva addirittura “mortifero” l’aere estivo e autunnale e consigliava “luoghi di ameno e sano soggiorno soprattutto in quei siti che sono rimoti dal Jerapotamo e dal Vacale”. Lo stesso Valensise[33], nel 1863, così aggiungeva: “La mala aria proviene dalla mala industria del lino, per la quale tu trovi che i nostri contadini troncano a mezzo l’està il limpido corso dei nostri torrenti, e di quelle pure e scorrevoli acque vi fan putridi e pestiferi stagni, quali appunto son quelli, che servono alla macerazione del lino…”.
Nonostante tutto, il territorio bagnato dal Vacale fu e resta sempre ricco di sorgenti di acque sulfuree e minerali.
“Le Calabrie sono ricchissime di sorgenti sulfuree –così lo Zuccagni - Orlandini[34] - Nella Ulteriore I se ne trovano a Solano, in Palizzi, in Feroleto, in Polistena, in Rizziconi, ed in Galatro, ma quest’ultima è mineralizzata più riccamente delle altre”[35].
Ma sulle proprietà minerali e termali delle acque sorgive dell’area del Vacale non mancò il Valensise[36] di segnalare una inequivocabile attestazione : “…giova attentamente osservare quanto intorno a queste acque ebbe ultimamente scoperto un nostro concittadino, alla cui semplice e sincera attestazione crediam meglio che non alle assertive di una boriosa e sofistica scienza. Son pochi anni, ei diceva, e nell’alveo del fiume Vacale, di riscontro all’antica Peschiera, scavandosi onde rinvenire delle acque per provvedere ai bisogni dell’agricoltura, come si venne alla profondità di 10 a 12 piedi, vi si scontrarono sì calde, che a grande stento si potè proseguire il lavoro. Dalle quali parole ricaviamo che, oltre alla prefata sorgente sulfurea, sianvi ancora delle vene di acque termali”.
Il Valensise annotò, inoltre, quanto l’Enciclopedia della Medicina Pratica tradotta dall’inglese in italiano a cura del Michelotti ebbe a scrivere delle acque sulfuree o “Acque Sante” di Feroleto, di Galatro, di Polistena e di Rizziconi.
L’abbondanza delle acque, qui9ndi, favorì ed ancora oggi favorisce (oggi forse in misura minore per la scarsità di acqua) la coltivazione degli agrumi e dell’olivo[37] che, ancor oggi, rappresentano, oltre che la caratteristica paesaggistica, anche l’economia del territorio.
Pure la coltura del pomodoro, che ha bisogno di frequente irrigazione, si sviluppò sui conidi del Vacale e, particolarmente, nell’area di Polistena[38].
Il regime, comunque, che interessa il nostro corso d’acqua, come d’altronde quasi tutti i corsi d’acqua calabresi, è esclusivamente pluviale con differenze annuali di portata particolarmente sensibili, dipendendo esclusivamente dal mutevole andamento delle precipitazioni[39] che non mancarono di causare alluvioni memorabili con danni incalcolabili.
Se la fertilità del Vacale venne attestata da varie fonti storiche, come si è potuto notare dalla nostra breve ed incompleta rassegna, crediamo utile non esimerci dal riportare quanto il Dr. Giuseppe Antonio Pasquale di Anoia Superiore scriveva, nel 1853, a proposito della Piana ove il Vacale è elemento determinante[40]: “La cosiddetta Piana, nel Distretto di Palme, non è che l’insieme di due valli, l’una che dà letto al fiume Mesima, l’altra a Petrace. In queste due valli principali confluiscono molte altre minori, nonché burroni, che danno ai detti fiumi dè contribuenti, e sono ruscelli, torrenti, e tutt’al più fiumi-torrenti. Siffatta regione è circoscritta e chiusa, come ad un bacino, d’ogni intorno, dalle montagne; eccetto da ponente, dove termina nel mare. Nella Piana non ci ha laghi, in grazia della forte inclinazione che costantemente conserva sull’orizzonte; ma le ripe dè fiumi ed i bassi fondi delle valli sono disseminati di frequenti pantani e giuncate ed acquitrini. Onde tutto il bacino nella stagione estiva ed autunnale è infestato dalle febbri endemiche. Appena se ne va esente la regione dè monti, dai faggi in sopra. Nel lembo orientale della Piana, e proprio dove finisce la pianura ed incomincia la montagna, giace la città di Polistena…Alla città sovrasta la montagna dal lato di levante, la quale si eleva dopo lungo tratto di dolce pendio. Dal mezzogiorno, un mezzo miglio lungi, corre rapido il fiume-torrente detto Vacale ch’è confluente del Mesima. E’ codesto fiume torrente che innaffia i campi del territorio di Polistena, e ne triplica i prodotti d’un terreno per se fertilissimo. E’ a notare ancora al piede della città il ruscello detto Jerapotamo ed appresso l’altro addimandato Jarulli, ambidue confluenti del Vocale, ed apportatori di acque pregne di principi fertilizzanti”.
Anche il Pasquale non mancò di accennare all’umido e “ai miasmi, inseparabili compagni della coltura irrigua e della naturale condizione del suolo della valle del Vacale”.
A parte la formale riabilitazione acquisita con un R. Decreto del 1939, il Vacale oggi rappresenta un illustre sconosciuto, non più culla di civiltà, di vegetazione, di piante acquatiche, di fauna ittica, ma un torrente che, ridotte ai minimi termini le sue funzioni di vita e di fonte di energia e di economia, purtroppo, oggi, è reso fogna e ricettacolo degli “escrementi” di una società in trasformazione che punta sempre più a saccheggiare il letto per aumentare l’estrazione di sabbia e di ghiaia, poco preoccupandosi di renderlo inabilitato per passeggiate romantiche o gite ecologiche. Almeno nella parte a valle e nei tratti più propinqui alle aree urbane, il nostro χimmaro Vacale (che ha origine nei territori di S. Giorgio e che confluisce nel Metramo, a sua volta affluente del Mesima) è diventato una ingombrante presenza per il cumulo di detriti, per i numerosi topi che rovistano un po’ dovunque tra le discariche abusive, lasciando poco spazio a quel timido e spesso nero rigagnolo di acqua che, a fatica, riesce a farsi strada.
A quando il rilancio culturale e la decongestione dai rifiuti e la riscoperta della vallata e del corso del fiume?
[1] Dal greco “χείμαррος”: piccolo torrente, corso d’acqua. Cfr. G. Rohlfs, Nuovo Dizionario Dialettale della Calabria. Ravenna, 1977, p. 348.
[2] G.B. PELLEGRINI, Toponomastica italiana. Milano, rist. 1991, p. 367.
[3] G. MARAFIOTI, Croniche et antichità di Calabria. Padova, 1601, p. 115; G. ROHLFS, Dizionario toponomastico e onomastico della Calabria – Prontuario filologico - geografico della Calabria. Ravenna, 1974, p. 252.
[4] D. VALENSISE, Monografia di Polistena. Napoli, 1863, p. 9; G.B. MARZANO, Dizionario etimologico del dialetto calabrese. Laureana di Borrello, 1928, p. 208. Non è d’accordo il Rohlfs per il quale Jerapotamo vale “fiume secco”.
[5] G. ROHLFS, Dizionario toponomastico…op. cit., p. 147.
[6] G. RUSSO, Polistena nelle immagini di ieri. Palermo, 1985, pp. 11-19; G.P. GIVIGLIANO, Sistemi di comunicazione e topografia degli insediamenti di età greca nella Brettia. Cosenza, 1978, pp. 142-143; UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DELLA CALABRIA / Facoltà di Lettere e Filosofia / Corso di laurea in Storia Antica: “L’organizzazione del territorio della Piana di Gioia Tauro in età antica”, Relatore: prof. G.P. Givigliano / Tesi di Maria Annunziata Liberti – anno accademico 1989/1990; G. RUSSO, Importante ritrovamento a Polistena: una cuspide di lancia protostorica, In “Il Nuovo Provinciale”, n. 36 del 27/3 ott. 1986, p. 10.
[7] G. ROHLFS, Fiumi e torrenti in Calabria, estr. dall’Almanacco Calabrese 1969, p. 151.
[8] G. ROHLFS, Dizionario toponomastico…op. cit., p. 360.
[9] G. ROHLFS, Dizionario toponomastico…op. cit., p. 407.
[10] G. ALESSIO, Saggio di toponomastica calabrese. Firenze, 1939, p. 431.
[11] G. ROHLFS, Fiumi e torrenti…op. cit., p. 156.
[12] E. BARILLARO, Dizionario bibliografico e toponomastico della Calabria, v. 3°. Cosenza, 1976, p. 247.
[13] BIBLIOGRAFIA GEOLOGICA D’ITALIA, v. IV: Calabria, a cura di F. Ippolito. Napoli, 1959, p. V: Carta geologica della Calabria.
[14] D. CARBONE GRIO, I terremoti di Calabria e di Sicilia - Ricerche e studi. Napoli, 1884, p. 79; idem, I demi di Rhegion, in “Rivista Storica Calabrese”, annate 1902-1905.
[15] L. LACQUANITI, Scritti geografici 1941-
[16] Diversi esemplari di fossili provenienti da diversi paesi della Piana sono esposti nel Museo Civico di Polistena, ospitato momentaneamente nella Biblioteca Comunale.
[17] G. DE CRISTO, Terremoti miocenici di Cittanova. Palmi, 1920, pp. 1-3.
[18] D. VALENSISE, Monografia…op. cit., p. 67.
[19] D. CANGEMI, Monografia di San Giorgio Morgeto. Reggio Calabria, 1886, p. 57.
[20] D. CARBONE GRIO, I terremoti…op. cit., p. 52.
[21] G. DE CRISTO, La lignite nel bacino del Vacale – Note di geologia calabrese. Polistena, Nosside, A. III, n. 1, 1924 (Estratto).
[22] F. TRINCHERA, Syllabus graecarum membranarum. Napoli, 1865, p. 467.
[23] G. RUSSO, Note sulla chiesa e sul monastero greco di S. Maria di Campoforano nei pressi di Polistena. estr. da : Deputazione di Storia Patria per
[24] ISTITUTO GEOGRAFICO MILITARE – FIRENZE, Fogli della Carta d’Italia: n. 246 III S.O.: Taurianova e n. 246 III S.E. Cittanova / Rilievi del 1943 e stampa 1947.
[25] G. BARRIO, Antichità e luoghi della Calabria –trad. di E. A. Mancuso. Cosenza, 1979. p. 278.
[26] G. FIORE, Della Calabria illustrata – Tomo I. Napoli, 1691, p. 256.
[27] E. D’AMATO, Pantopologia calabr, trad. di E. A. Mancuso. Cosenza, 1980, p. 204.
[28] G. MARAFIOTI, Croniche…op. cit., pp. 112-113.
[29] G. VERRINI, Per la rivendica del territorio di Polistena aggregato a Casalnuovo. Polistena, 1932, p. 34.
[30] A. ZITO DE LEONARDIS, Cittanova di Curtuladi. Cosenza, 1986, pp. 39-48; G. VERRINI, Per la rivendica…op. cit.
[31] ARCHIVIO DI STATO NAPOLI, Archivio Riario Sforza – Milano, Serie Milano, B.
[32] M. SARCONI, Istoria dè fenomeni del tremoto avvenuto nelle Calabrie, e nel Valdemone nell’anno 1783 posta in luce dalla Reale Accademia delle Scienze, e delle Belle Lettere di Napoli. Napoli, 1784, p. 114.
[33] D. VALENSISE, Monografia di Polistena…op. cit., p. 65.
[34] A. ZUCCAGNI - ORLANDINI, Corografia fisica storica statistica della Italia e delle sue Isole, corredata di un Atlante di mappe geografiche e topografiche e di altre tavole illustrative. Parte XI: Italia Inferiore e Meridionale, Regno delle Due Sicilie. Firenze, 1844, p. 59.
[35] Per ciò che concerne le proprietà terapeutiche delle acque di Galatro, cfr.: M. MESSINI, Azione terapeutica dell’acqua termale sulfurea-salso-iodica di S.Elia di Galatro. Reggio Calabria, 1981.
[36] D. VALENSISE, Monografia…op. cit., pp. 68-69.
[37] F. MILONE, Memoria illustrativa della carta della utilizzazione del suolo della Calabria. Napoli, 1956, p. 87.
[38] L. GAMBI, Calabria. Torino, 1965, p. 337.
[39] Per ciò che concerne le precipitazioni si rinvia alla produzione bibliografica indicata dalla “Collana di Bibliografie Geografiche delle Regioni Italiane”, v. XIV, Calabria, a cura di L. Cardi. Napoli, 1970; ma anche alle successive pubblicazioni tra cui, particolarmente : P. VERSACE – E. FERRARI – M. FIORENTINO – S. GABRIELE – F. ROSSI, Valutazione delle piene in Calabria – Cartografia. C.N.R. – I.R.P.I. Geodeta n. 30, dic. 1987; D. CALOIERO – R. NICCOLI – C. REALI, Le precipitazioni in Calabria (1921/1980). Cosenza, 1990.
[40] ARCHIVIO COMUNALE POLISTENA, cat. X, cl. IV, anni 1817-1929, Orario acque pubbliche, fasc. 6: Acque Santo Elia, anno 1853.
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